Il fenomeno delle Pitbike

Le pit bike, per quanto apparentemente possano assomigliare a miniature o giocattoli per bambini, in realtà sono delle moto da cross a tutti gli effetti; la differenza sta semplicemente nella stazza più piccola, circa del 30%, rispetto a modelli tradizionali e nel costo meno oneroso. Il fenomeno delle “pit bike” è iniziato nel 2000 negli Stati Uniti per poi sbarcare in Europa. Il via è stato dato proprio dai piloti professionisti i quali hanno iniziato ad utilizzarle per gli spostamenti nei paddock dei circuiti del Supercross e della Moto GP. Oggi sono centinaia i piloti che si sfidano in pista nei campionati riservati alle pit bike. In Europa si vendono circa 50.000 pit bike all’anno.

Scopriamone le caratteristiche fisiche

Una moto standard costa in media 8.000 euro, una pit bike professionale circa 3.000. Nonostante questa differenza di prezzo, è possbile mettersi in box un veicolo in grado di donare tanto divertimento. Son dotate di motore a quattro tempi, cilindro orizzontale, telaio a culla aperto, motore a sbalzo (non nella culla), pneumatici da 12 pollici per le motard, ruota anteriore di 14” per  il cross. Le loro cilindrate spaziano da 125 a 180 cc e sono davvero uno spasso.  Per quanto riguarda la guida, rispetto alle moto da cross o da motard, non presentano alcuna differenza: vi è solo un accorgimento, quello di correre su circuiti più corti e meno veloci dimensionati e pensati opportunamente per queste moto. In tutta Italia c’è almeno un circuito dedicato in ogni regione.

Elemento importantissimo sono le gomme, tutto il resto viene dopo. Per le pitbike da motard vanno per la maggiore le marche di pneumatici come: Dunlop, PMT e Sawa. Dunlop è stata di sicuro l’azienda più quotata con le sue TT92 GP. Il grip è molto buono, la gomma da 120 risulta divertente anche sul cerchio da 1.85 al retrotreno. Il neo è nella resa chilometrica; gli indicatori di usura compaiono già dopo poche giornate di pista. La PMT è stata l’ultima Casa ad arrivare nel settore, ma le sue slick hanno preso piede e sono le preferite dai piloti professionisti, grazie al loro rendimento nelle due mescole disponibili, morbida e media. Con la mescola soft, l’usura è precoce, ma è ampiamente ripagata dal grip eccezionale che questi pneumatici sono in grado di assicurare. Proprio per questo PMT è da anni leader nel settore gomme per minimoto. Sawa, invece, è la classica gomma che non ti aspetti: ha un grip eccezionale ed una durata superiore. Le sue MC31, fornite in due mescole soft e medium, non si usurano precocemente e resistono a diversi turni di guida.

Per quanto riguarda i motori, questi sono molto simili uno all’altro, anche perché hanno le stesse dimensioni e gli stessi attacchi, per essere compatibili con i vari telai e per poter essere intercambiabili tra loro. Comprare una pitbike e sostituirne il motore è, quindi, un’operazione tutt’altro che lunga e difficile. I motori sono monocilindrici 4 tempi, da 125 a 180 cc, con frizione a bagno d’olio e cambio a 4 marce. Le marche più diffuse sono YX, Lifan, Ducar, Loncin, Daytona e Takegawa. Tranne gli ultimi due, di produzione giapponese, tutti gli altri sono cinesi, ma non per questo poco potenti o inaffidabili. Le cilindrate più diffuse sono 140-160 cc. Reperibili facilmente sul mercato intorno ai 200 euro, i motori sono completi di carburatore, centralina, radiatore. I motori che vanno per la maggiore sono il Lifan e l’YX, entrambi 150 cc e si differenziano per le misure di alesaggio e corsa del pistone. Andando nel dettaglio, il Lifan 150 è un motore sottoquadro (corsa più lunga dell’alesaggio); al contrario, l’YX 150 è un motore superquadro (corsa più corta dell’alesaggio). E’ possibile reperirli sul mercato ad un costo circa di 400 euro circa. Per quanto riguarda invece i motori made in Japan, come i Daytona e Takegawa, il loro prezzo sale anche fino a 2.000 euro.

Le pit bike si dividono in due categorie, con telaio monotrave/bitrave centrale e con telaio perimetrale in traliccio a tubi. Per capire bene quale sia la categoria che più ci aggrada, è necessario fare un’analisi. Se si è motociclisti abbastanza esperti provenienti da moto stradali, il consiglio è quello di orientarvi su una pit con telaio a traliccio, indicata per la guida con ginocchio a terra. Se invece la propria origine son le motard o cross e guidate col piede a terra, è indubbiamente meglio scegliere una pit con il telaio monotrave.

Circa le unità ammortizzanti, possono essere regolabili o meno, di fascia alta, media o bassa. La forcella più economica è la Fastace, dotata di registri blu e rossi posti sulla testa degli steli. Ne esiste anche una versione non regolabile, priva quindi di registri. Le forcelle di livello più elevato sono DNM, Marzocchi e Paioli. Sono indubbiamente più costose, ma il valore aggiunto è dato dalla regolazione del precarico in testa alla forcella, sul piedino per compressione ed estensione. Un’anomalia è presente nell’impianto frenante. Purtroppo, per l’uso in pista dove è necessario un buon impianto frenante, quello di serie non ne è all’altezza. Per ovviare a questo gap, i piloti adattano un impianto di derivazione scooteristica. Tra i più gettonati quelli del Gilera Runner 180 e dell’Honda SH 150, le cui pinze una volta forate e filettate, si adattano facilmente al piedino della forcella.

 

Non vi è venuta voglia di mettervi subito in sella e provare le pitbike? Ecco il link che fa per voi…

 

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Il fenomeno delle Pitbike ultima modifica: 2019-08-28T15:02:36+02:00 da Redazione Ehoverboard
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